Gianfaldoni R., “Un diavolo per capello”


Un diavolo per capello

Roberto Gianfaldoni

La Tricologia è un importante settore della Dermatologia che si interessa degli annessi piliferi dell’organo “cute”.
Nella struttura del pelo si riconoscono, sommariamente, alcuni componenti: il pelo vero e proprio, le guaine che lo circondano, una ghiandola sebacea che afferisce nel follicolo pilifero ed il muscolo erettore del pelo che risente di varie sollecitazioni.
La sede più rappresentativa per gli annessi piliferi è Il cuoio capelluto che, in un individuo adulto ha un’estensione di 550-650 cmq ed un alto numero di follicoli piliferi che si modifica con l’età: 1135 alla nascita, 635 intorno ai 30 anni e 415 sui 60 anni per cmq.
Il Capello possiede un proprio ciclo di vita e si rinnova con un andamento asincrono che lo diversifica dalla “muta” degli animali nei quali il ricambio avviene pressocchè contemporaneamente per tutti i peli, per cui i capelli sono sempre rappresentati con una presenza media, per le persone adulte di 160-240 per cmq. Nello sviluppo del capello si assiste ad una fase di crescita o anagen (durata 2-7 anni), arresto o catagen (2-3 settimane) ed, infine, caduta del capello o telogen (2-3 mesi) quando viene sosituito da un nuovo capello che riprende il ciclo. Si perdono circa 50 capelli al giorno con una accentuazione fino a 100 in primavera ed autunno ovvero “al tempo delle castagne” come recita un vechio detto popolare.
Il capello coopera all’integrità anatomo funzionale dell’organismo come riserva di cellule epidermiche, melanociti, cellule ad attività immunitaria (Cellule di Merkel e Langherans) e disintossicante per numerose sostanze e scorie cellulari, tanto che può svelare accumuli di sostanze inquinanti (piombo, mercurio, ecc.) o di eventuali droghe (morfina, eroina, cocaina).
Il capello svolge, inoltre, una protezione fisica nei confronti di sostanze nocive (smog) e aggressioni fisiche come le radiazioni ionizzanti, tanto che gli effetti dannosi prodotti dalle aggressioni ambientali si verificano prevalentemente sulle superifici prive di peli.
In questa occasione, però, la nostra attenzione si rivolge ad altre proprietà che investono il capello di tanti significati che altri organi non esprimono.
Facciata Monumentale dell’individuo
I capelli hanno un ruolo importante nel definire l’aspetto delle persone e, in certe occasioni, riescono anche a svelarne la parte più intima, i propri sentimenti. La capigliatura, cioè, rappresenta un vestiario naturale che costituisce un ornamento naturale con proprie caratteristiche fisiche e, nello stesso tempo, può rappresentare anche l’emanazione della parte più intima e dei desideri nascosti di tante persone. Quindi, partecipa a definire l’aspetto della persona oltrechè con caratteristiche modificabili dall’esterno: taglio, colore, ecc. anche con emanazioni del proprio stato d’animo come nessuna altra parte del corpo. Per questi motivi la capigliatura si pone a metà strada tra natura e cultura, tra pelle e vestiario.
Secondo un recente sondaggio effettuato sulla popolazioe italiana, il 58% degli uomini e delle donne assegna un’importanza “alta” o “altissima” ai propri capelli nel valorizzare l’aspetto della persona. La capigliatura occupa il terzo posto come importanza nei rapporti relazionali dopo viso ed occhi e, costituisce la prima e l’ultima attenzione di coloro che si apprestano ad uscire dal proprio ambiente per partecipare ad incontri sociali o lavorativi. A confermare l’attenzione, anche subliminale, assegnata all’aspetto dei capelli ci sono state numerosi indagini da cui è risultato, ad esempio, che, in occidente, le trentenni con capelli biondi sono considerate più attraenti rispetto alle more e alle castane (2008 Sorokowski) e, tra le cameriere, sono proprio le bionde a ricevere mance più consistenti rispetto alle altre (2008 Lynn).
Capelli e Psiche
L’influenza esercitata dai capelli sulla psiche si può facilmente constatare osservando le modificazioni dell’umore delle signore nella vita quotidiana: una donna acconciata da poco esibisce una tendenza all’euforia e si mostra meno colpita dai problemi quotidiani. A conferma, la donna con capelli in disordine o non ancora sistemati tende facilmente alla depressione. Se poi, consideriamo i sondaggi su come vengano considerate alcune frequenti patologie che colpiscono i capelli, come l’alopecia androgenetica, il 20% dei soggetti intervistati la considera come una patologia importante ed il 2,8%, addirittura, una condizione di disabilità fisica (2006 Karaman).
Capelli e Storia
La domanda spontanea che sorge è quella di chiederci se questo interesse per i capelli sia attuale o abbia interessato altre epoche.
In un breve escursus, si ricorda che Erodoto (484-425 a.C.) riferiva che uno dei medici egiziani più richiesti fosse “il medico della testa”, intendendo, appunto, colui che si interessava delle malattie del cuoio capelluto. Papiri (Ebers) del 2.000 a.C. riportano già le ricette più utili per la cura dei capelli sia come “gel”, grasso colato sui capelli per tenere in ordine l’acconciatura , che come preparati per stimolare la ricrescita dei capelli con ricette elaborate (grasso di leone, ippopotamo, coccodrillo, oca, serpenete, ibis in parti uguali) da spalamre sulla cute calva. Anche Plinio descriveva una “buona”cura per la calvizie e consigliava di “strofinare con soda la cute alopecica e, quindi, applicare un infuso di vino, zafferano, pepe, aceto, laserpizio e sterco di topo”.
Niente di nuovo sotto il sole: tutti hanno avuto la loro “pozione magica”.
Però, al di là della validità delle formule consigliate, risalta l’importanza che veniva addebitata alla presenza dei capelli e coloro che non riuscivano ad ottenere un qualche risultato si consolavano invitando, obtorto collo, a sottrarsi ai dogmi della bellezza (quindi riconosciuta) come traspare nell’“Elogio della calvizie” scritto da Sinesio di Cirene (Libia, IV-V secolo d.C.).
Con gli alchimisti del Medioevo si assite ad una proliferazione delle ricette per rinforzare la capigliatura: foglie di mirto, corteccia di pino, bacche di ginepro, assenzio, crusca di frumento, mandorle schiacciate, ecc.
Nel rinascimento, la moda proponeva di acconciare i capelli in modo da fare apparire la fronte del viso più ampia per cui le donne delle classi superiori facevano un largo uso delle pinzette, “pinzette al limite”, strappando i capelli posti all’attaccatura frontale, “hair front”, con la convinzione di presentare un segno di elevazione sociale.
Nell’Europa del XVI secolo andava di moda il colore biondo dei capelli, prendendo spunto dai popoli nordici, per cui le donne si tingevano i capelli con misture di ”zafferano o bucce di cipolla” da sfregare sulla capigliatura e, successivamente,si esponevano per ore sotto i raggi solari.
Con il puritanesimo vittoriano, i capelli venivano tenuti ordinati, puliti e pettinati in acconciature “contegnose”.
Col XVIII secolo compaiono le parrucche ,che erano già comparse nell’antico Egitto. Per gli uomini erano di moda parrucche incipriate di bianco, con lunghi riccioli spesso legati indietro con nastri di stoffa nera e, per le donne, decorati con piume o ghirlande. Per allestire queste acconciature occorreva molto tempo (anche settimane per quelle più elaborate) e costituivano un evidente simbolo delle condizioni sociali e del potere di chi le indossasse. Una volta indossate, si riteneva che eliminassero le incombenze dell’igiene personale dei propri capelli (sic!), proprio mentre le misture per capelli e polveri finivano per divenire un importante ricettacolo per molti parassiti (pediculosi !).
Capelli e comunicazione sociale
In alcuni momenti, la capigliatura ha assunto anche un ruolo di comunicazione sociale: si ricordano il movimento ottocentesco della “Scapigliatura”, i “capelloni” degli anni settanta, le creste dei punk, le teste rasate dei naziskin fino alle recenti “criniere” che vediamo su tutti i campi di calcio.
Come espressione di pubblica condanna, i Francesi nel primo dopoguerra, rasavano i capelli delle donne che si erano accompagnate con gli occupanti tedeschi.
Capelli e Simbolismo
Il Capello come espressione di Forza ed Energia vitale ha le proprie premesse etologiche nell’aspetto del leone dove, la criniera ha rappresentato l’espressione della propria potenza.
Nella cultura biblica, la leggenda vuole che la forza di Sansone risiedesse nella folta chioma tanto che, quando Dalila riuscì a tagliarne la capigliatura, Sansone divenne un comune mortale. Secondo la leggenda, alla madre di Sansone si presentò, durante la gestazione, un angelo che le riferì la volonta divina di fare del nascituro un messia guerriero. La condizione richiesta per mantenere forza e abilità nel combattimento era che conducesse una vita da “nazareo”, tra le cui condizioni figurava, appunto, l’impegno di “evitare di tagliarsi i capelli e, addirittura, di pettinarsi”.
Il Capello come fonte di vita viene menzionato anche da Omero quando nell’Eneide cita “… Persefone, dea della morte, non aveva ancora sollevato i biondi capelli sulla testa di lui” per intendere che non aveva ancora deciso l’ora della morte dell’eroe. Dunque la rimozione dei capelli come rimozione di energia vitale, tanto da rappresentare tangibilmente il momento della morte.
Nelle Metamorfosi, Ovidio racconta la favola di Niso, re di Megara, la cui morte fu attribuita alla perdita del “Capello d’oro” o rosso per mano della figlia Scilla per consentire a Minosse, di cui si era innamorata, di non avere più un valido rivale che lo ostacolasse nell’occupare la città, dopo un lungo stato di assedio. Rimosso il “capello d’oro”, Minosse occupò la citta ma non corrispose l’amore di Scilla che morì annegata, forse per suicidio.
I capelli, ancora come simbolo di potere, ha riguardato anche i re merovingi, definiti anche “re dai lunghi capelli” che, una volta detronizzati, vennero rasati. La stessa corona regale, in realtà, finisce col nascondere la calvizie e confondersi con la capigliatura e mantenersi come espressione di potere.
Il significato di Forza non è rimasto confinato alla mitologia ed è ricomparso, brutalmente, con le popolazioni indiane d’America con l’usanza di “fare lo scalpo” al nemico vinto per affermare la propria superiorità, privandolo, appunto, di quella forza vitale rappresentata dai capelli. Commentata in tante pubblicazioni (La Scotennatrici di Emilio Salgari, 1909), la “scotennatura” del nemico defunto veniva praticata anche con la convinzione che “.. il grande spirito (Manitù) non fosse in grado di afferrare il defunto per i capelli per condurlo nei pascoli della pace eterna”. Era una convinzione così radicata che si assisteva a lunghe faide tribali pur di rientrare in possesso degli scalpi, che consentisse ai defunti, appunto, la pace eterna. La caccia allo scalpò si accentuò, per motivi meno nobili, quando tornarono di moda le parrucche e gli scalpi venivano ben compensati (5 dollari per lo scalpo di un bambino, 10 per una donna, 15-25 per un uomo adulto).
La capigliatura come dimostrazione di forza e coraggio sosteneva l’acconciatura dei Samurai che avevano, appunto, l’abitudine di raccogliere i lunghi capelli in una treccia, in un “codino”. Il codino, in caso di combattimento, costituiva una condizione di svantaggio in quanto poteva essere un’eccellente presa per l’avversario. Il Samurai, palesemente, dimostrava di non temere di offrire tale vantaggio all’avversario e, viceversa, radersi il capo rappresentava un segno di vigliaccheria.
Capelli e Identità
Nel popolo Etrusco una ciocca di capelli o l’intera capigliatura rappresentava una precisa e preziosa identità di chi li possedesse, tanto che erano considerati importanti “ex voto” per grazia ricevuta. In un recente passato, la ciocca dei capelli ha rappresentato un prezioso dono e “memento” offerto alla persona amata. La chiromante si affida alla ciocca dei capelli per capire la qualità della persona da analizzare e, addirittura, per influenzarne il destino, anche spirituale.
I sacerdoti Etruschi erano ben più pratici e monetizzavano la capigliatura in oro e argento, nel senso che accettavano tale ex-voto per ottenere dai familiari il corrispettivo peso in oro e argento.
Anche nell’India attuale resta il rito dell’offerta dei capelli per propiziarsi la benevolenza divina. Nel Tempio di Sri Venkateswara, vicino a Tirupati, lavorano circa 650 parrucchieri che tagliano i capelli ai fedeli che raggiungono il Tempio per offrire la propria capigliatura come segno di devozione. “L’offerta” quotidiana di capelli è veramente elevata ed i capelli racolti vengono poi venduti ad aziende cinesi per l’allestimento di parrucche ed “extension”.
Capelli e Sesso
Prototipo etologico è rappresentato dalla ruota di piume che si compone nell’accoppiamento amoroso dei pavoni.
Fin da tempi remoti c’è stato un accostamento tra Capelli e Sesso. Il papiro di Harris (XX secolo a.C.) recita: «.. il mio cuore è ancora una volta invaso dal tuo amore, mentre solo metà delle mie tempie è coperta dalla treccia dei capelli. Corro in cerca di te … ma, ahimé, ora la treccia si è sciolta. Andrò a mettermi una parrucca e così sarò pronta in qualunque momento», ed ancora, nel papiro d’Orbiney (XIX secolo) nel colloquio tra Anubis e la moglie che si era concessa al cognato ne riferisce l’episodio dicendo; “Quando è venuto tuo fratello a cercare le sementi, mi ha trovato sola e mi ha detto: andiamo a passare un’ora nel tuo letto, mettiti la parrucca”.
Evidentemente, un’acconciatura elaborata o una parrucca faceva parte della toilette di una donna che si apprestava a fare l’amore e ne testimoniava la disponibilità nell’ars amatoria e stimolo per l’attrazione nel maschio. Non a caso, Kator e Venere, dee dell’amore e delle passioni, avevano una riconosciuta natura erotica espressa da splendidi capelli.
Nel Medioevo, la Chiesa cattolica praticava la tonsura dei monaci per renderli sessualmente meno attraenti e addirittura, nel 1917, la regola ecclesiale prevedeva l’allontanamento dall’Ordine di colui che non avesse ottemperato a tale disposizione. Ai tempi dell’Inquisizione, la capigliatura era indicizzata come “strumento tentatore” o addirittura come rappresentazione del diavolo e, quindi, da nascondere con veli o copricapi. Si ricorda che le donne condannate come “streghe” (?) prima di essere condotte al patibolo venivano rasate per eliminarne il potere diabolico, la potenza della propria malvagità specialmente se i capelli fossero stati di colorito rosso e la “strega”, addirittura, avesse presentato un nevo nell’iride o fosse stata in possesso di un gatto nero.
Nel mondo cristiano, fino a qualche anno fa’, le donne potevano partecipare al culto solo “a capo coperto”, proprio per evitare distrazioni negli uomini presenti alla funzione religiosa. Nel mondo islamico, la regola fu estesa, addirittura, a tutta la vita sociale ed è ancora presente.
Anche tra i monaci buddisti, per rimuovere le tentazioni “diaboliche”, si assiste alla rasatura del cuoio capelluto e basandosi, appunto, su questo convincimento, le autorità cinesi (atee) che hanno occupato il Tibet, impongono a monaci e monache recluse il divieto di tagliarsi i capelli come ulteriore punizione.
In Cina, secondo una vecchia tradizione sorta a Fuzhou, le ragazze nubili portavano capelli lunghi, acconciati a treccia, e le donne sposate portavano un ciuffo di capelli annodati sulla parte superiore della testa. In tante regioni della Cina, le vedove che non intendono risposarsi tagliano completamente i loro capelli per esprimere disinteresse a rapporti di vita in comune.
Nel mondo ebraico, copricapo ( kippah) e payot o peot (riccioli cadenti dalle basette) vengono lasciati crescere per tutta la vita in osservanza della Mitzvah che così raccomanda per una fedele osservanza religiosa.

CONCLUSIONI
Riflettendo su queste brevi note, credo che si possa senz’altro affermare che gli annessi piliferi in generale ed il capello in particolare, posseggano una identità che li distingue da tutti gli altri organi.
Per qualche motivo, sembrano possedere un potere in grado di incidere profondamente sulla vita di relazione al’interno della comunità e, più intimamente, anche nella vita di coppia. La capigliatura ha svolto e continua a svolgere un importante compito nelle relazioni interpersonali, dimostrandosi in grado di trasformare un incontro anonimo in un’occasione di gioia e di successo e viceversa. Il ripetersi di tanti avvenimenti storici, vissuti anche in epoche distanti, hanno più volte confermato il ruolo determinante e spesso incomprensibile conferito alla capigliatura anche in vicende eccelse e sublimi (Sansone, Niso, ecc.).
In tali circostanze, hanno rappresentato un significato altamente apprezzabile come espressione di forza e coraggio e come essenziale testimonianza di “energia” in azioni di guerra, di governo ,se non addirittura di testimonianza permanenza in vita (Capello d’oro e Omero).
L’assoluta certezza sulle proprietà diaboliche dei capelli ha vissuto una diffusa e perversa condivisione, anche quando ha riscosso un significato tutt’altro che gratificante,quando cioè, ha legittimato, con un incredibile consenso , l’allontanamento dalle comunità, se non addirittura la morte al rogo, di persone semplicemente per l’aspetto cromatico dei loro capelli, interpretato come emanazione di cattiverie e perversioni di “uno spirito maligno”.
Lasciamo ad ognuno la conclusione,che ritiene più opportuna. L’unica certezza è che il capello, proprio per le tante considerazioni controverse che ha suscitato, possegga contemporaneamente, da un lato, la diabolica capacità di fomentare timori e paure, e, dall’altro, quella di stimolare, nella sfera impalpabile dei sentimenti più intimi, quelle sensazioni così appaganti da gratificare un’intera esistenza confermando, ancora oggi, quelle “diaboliche” potenzialità che ai capelli sembrano fermamente connesse.

Categoria: Rivista n°5 01/2017 | RSS 2.0

Mappa sito - Privacy Policy - Credit - Termini d'uso - Cookie Policy

Rinnova o modifica la tua autorizzazione ai cookie