Bruselli M., “Maria Selvaggia Borghini”


Maria Selvaggia Borghini

Mario Bruselli

Quando l’amico Renzo Bartalena mi chiede di fare anche per l’anno 2016 una conferenza per l’Accademia, da una parte mi sono sentito gratificato per la stima che mi veniva manifestata, dall’altra ho provato un attimo di imbarazzo: “Ed ora cosa propongo ?”.
Non mi sentivo di trattare argomenti, autori o temi già affrontati da altri o in qualche modo già “rivisitati”; al momento ho lasciato in sospeso il tema della conferenza e ho continuato a programmare autori e letture di Italiano per il IV anno del Liceo Scientifico Paritario Santa Caterina, dove attualmente presto servizio come docente di Italiano. Sono diventato ormai un esperto “navigatore” in rete (si dice “internauta” ?) e nel ricercare spunti per la mia programmazione mi è capitato di imbattermi in un saggio del 1827 dal titolo “ Saggio di poesie di Selvaggia Borghini, nobile pisana e testimonianze del di lei valore”. Selvaggia Borghini ? Ma chi era costei ? (mi sentivo un po’ come Don Abbondio dinanzi al nome di Carneade). La scoperta mi incuriosì non poco, visto che stavo effettuando una ricerca sul ruolo della donna nella cultura del ‘700, in funzione di una conferenza da tenersi in Aula Magna dell’ Istituto Santa Caterina in concomitanza della giornata della donna.
Perché non trattare allora proprio di Maria Selvaggia Borghini ? Detto fatto : telefonata all’amico Renzo, breve scambio di opinione e mi metto al lavoro per cercare materiale e testimonianze ed elaborare una presentazione di questa concittadina di cui ignoravo l’esistenza.
Nacque a Pisa il 7 febbraio 1654, e qui morì il 22 febbraio 1731. Fin dall’infanzia aveva mostrato eccezionale disposizione agli studi che compì sotto la guida di illustri professori dell’Università di Pisa, tra i quali Alessandro Marchetti. Dopo aver studiato filosofia, logica, matematica ed eloquenza, si dedicò all’apprendimento del greco, interessandosi anche di teologia e di storia sacra. Solo occasionalmente si allontanò da Pisa per recarsi a Firenze presso la Corte, dove godeva dell’affettuosa protezione della granduchessa Vittoria Della Rovere, moglie di Ferdinando II, che la nominò dama d’onore.
La poetessa pisana aderì a diverse Accademie, sebbene non partecipasse alle riunioni, e fra queste all’Arcadia col nome di Filotima Innia. Rifiutò di sposarsi a causa di dubbi religiosi che l’accompagnarono per tutta la vita, ed allevò la figlia del fratello, Caterina. Nella sua casa pisana erano soliti riunirsi molti professori dello Studio, e questo consentì alla poetessa di intrecciare relazioni epistolari con i maggiori letterati dell’epoca, soprattutto con quelli dell’ambiente fiorentino: Filicaia, Magalotti, Marchetti, Menzini e lo stesso Redi.
La produzione letteraria della Borghini, che difficilmente andava al di là di una fredda eleganza, aderiva alla poetica del buon gusto e della semplicità, coscientemente anti-barocca, tipica dell’ambiente fiorentino. Alcune liriche compaiono in raccolte dell’epoca, tra cui Le Rime delle Signore L. Marinella, V. Gambana ed I. della Morra, di nuovo raccolte dalla Signora Maria Selvaggia Borghini del 1693; le Poesie italiane di rimatrici viventi del 1716; i Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d’ogni secolo del 1726; la Scelta di sonetti e canzoni del 1739.
Redi fu senza dubbio il più affettuoso e devoto fra gli amici della poetessa pisana, che, non a caso, diceva di amare come una “sorella”. Non solo cercò in tutti i modi di farle ottenere a Corte i favori a cui aspirava, ma spedì un po’ ovunque, in Italia e all’estero, i suoi versi, accompagnandoli con il suo autorevole assenso. Redi fu infatti sempre prodigo di elogi nei confronti di Maria Selvaggia. Ecco come la presentava, in una lettera del 21 febbraio 1688, a Filicaia: “Abbia un poco di pazienza a leggere oggi questa mia lettera. In essa io non voglio dir altro, se non che, siccome Iddio ha voluto che il nostro secolo abbia le glorie di un Pindaro nella persona di V. S. Illustriss., così abbia parimente quelle di Saffo nella Sig. Maria Selvaggia Borghini, fanciulla pisana”. La lettera accompagnava sei sonetti di questa “nuova e maravigliosa poetessa”.
La stima e le lodi nei confronti della Borghini sono frequenti anche nella corrispondenza di Redi con la poetessa. Il relativo carteggio comprende trentasei lettere dello scienziato e cinque della Borghini. In una lettera del 1° maggio 1688, ad esempio, Redi la definiva “una delle prime, e delle più gentili penne della nostra Italia”, se non addirittura “la decima Musa”. In un’altra del 4 gennaio 1689, a proposito di alcuni sonetti composti per le nozze del Principe Ferdinando, esclamava, esagerando, che erano “belli, bellissimi” al punto che “il Petrarca medesimo non gli avrebbe saputi far così belli”: erano anzi “in uno stile più sostenuto e più robusto di quello del mentovato Petrarca”.
Gli elogi di Redi riprendevano il 10 giugno 1690: “Viva la Sig. Maria Selvaggia, che è lo splendore e la gloria della nostra Toscana. Il suo nome viverà eterno. Questi sono i miei voti”. In un’altra lettera del 1° marzo 1692 elogiava la “nobile fecondità del suo spirito creatore”. E pochi giorni dopo, il 29 aprile, arrivava a dire alla propria corrispondente che era “lo splendore della nostra Italia”. Il 28 aprile 1693 terminava affermando, con spirito encomiastico veramente eccessivo, che era “lo splendore non solamente della nostra Italia, ma ancora di tutta l’Europa”.
Anche nelle lettere ad altri corrispondenti Redi si ingegnava di esaltare le doti intellettuali dell’amica. Con Federigo Nomi, ad esempio, si compiaceva di affermare che la Borghini superava ogni altra letterata non solo nella poesia, ma anche “nella cognizione di tutte le altre belle arti e scienze, e particolarmente nelle matematiche e nelle nuove filosofie”.
Da quanto esposto in precedenza mi pare che la Borghini abbia goduto nel suo tempo di una stima e di una considerazione ragguardevoli, che mi ha decisamente stupito, perché francamente dall’antologia delle letture scelte e dagli argomenti trattati la produzione della scrittrice è riconducibile ad una cultura di “maniera”, ben inserita nella società del suo tempo. Mi sarei aspettato ben altro, ma questa rimane una personale valutazione; di fatto il successo e la fama che la Borghini ha avuto nel suo tempo rispondono evidentemente ad un mondo intellettuale che riconosceva ed apprezzava quei componimenti come il massimo dell’espressione poetica. E di questo prendo atto.
Mi ha colpito invece il fatto che una donna abbia avuto un così ampio successo letterario, tenendo conto che raramente è stata considerata importante la produzione al femminile nella letterature. D’altra parte poco si sa dell’attività di altre scrittrici/poetesse di quell’epoca o di epoche precedenti, forse perché (azzardo un’interpretazione criticabile) si è data importanza solo alla produzione al maschile, ritenendo quella femminile secondaria e poco incisiva.
Lascio al lettore la possibilità di formarsi una propria opinione.

Bibliografia essenziale
Giovanni Simonelli, Elogio storico di Maria Selvaggia Borghini, Pisa, 1731
Giovanni Domenico Anguillesi, Discorso accademico sulla vita e le opere di Maria Selvaggia Borghini, Pisa, 1828
Gianni Ballistreri, Borghini Maria Selvaggia, in «Dizionario biografico degli italiani», XII, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1971.

Categoria: Rivista n°5 01/2017 | RSS 2.0

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